Kalipè 2020
Bastano poche parole per descrivere ciò che provo quando penso al pinot nero (e ci penso spesso): una fatica bestia. Ho scelto io di piantarlo e di accudirlo, sono quindi io il responsabile della mia fatica. Anche per questo abbiamo deciso di ribattezzarlo: Kalipè è un saluto in uso nelle zone himalayane che viene rivolto a chi s’incammina verso le montagne, come augurio il cui significato è di poter “camminare sempre a passo corto e lento, per infine arrivare alla vetta“. Mi sento davvero in cammino verso la vetta, essendo tale il pinot nero. Eppure, da quando lo lavoro con pazienza e con tutto l’amore possibile, poche annate mi hanno emozionato. Sono in perenne conflitto con lui, una sorta di lite con il padre: entrambi troppo orgogliosi per cedere all’altro. Lui non molla, ed è giusto così. Ma anch’io non mollo. Mi piace però pensare che dopo quattordici anni inizio finalmente a capire sul serio i suoi punti deboli, indispensabili per poterlo affrontare. Eppure continua a nasconde in sé un segreto che ho ancora voglia di scoprire. Credo che infine il pinot nero si possa svelare nella sua enorme, inimitabile grandezza, solo quando è centrato questo segreto: allora, solo allora, si potrà godere da matti. Lo sto mettendo nel mirino: datemi qualche millennio ancora, e poi vedremo.